L’OCSE boccia ancora una volta le stime dell’Italia sull’andamento della produttività interna lorda, retrocedendo le stime già elaborate dal governo. Sulla stessa lunghezza d’onda si pone Standard & Poor’s, con l’agenzia di rating che, evidentemente, non ritiene possibile un’uscita di breve termine dell’Italia dalla fase recessiva e dalla congiuntura negativa.
Più che le valutazioni dell’agenzia di rating, tuttavia, a stupire sono soprattutto le sonore bocciature dell’OCSE, con l’organizzazione parigina che non usa mezzi termini per bollare come estremamente deludenti le azioni di forza che l’Italia starebbe mettendo in campo per risollevare la testa. Nel suo rapporto economico intermedio appena pubblicato, infatti, l’OCSE stima per il 2014 un calo del Pil pari allo 0,4% contro il + 0,5% relativo all’outlook semestrale pubblicato nel corso dell’ultimo mese di maggio. Deludentissime sono anche le prospettive del 2016, quando l’economia italiana crescerà dello 0,1% contro il + 1,1% stimato nella scorsa primavera. Unica nota consolatoria, per quanto non certo di vanto, è il fatto che le forbici dell’OCSE si sono abbattute su tutte le principali economie. Il Pil tedesco crescerà infatti dell’1,5% sia quest’anno che il prossimo anno, contro previsioni del + 1,9% e del + 2,1% indicate nel mese di maggio, mentre per l’insieme dell’Eurozona le prospettive di crescita sono passate dal + 1,2% allo 0,8% per l’anno in corso dal + 1,7% al + 1,1% per il prossimo.
Il report Ocse sottolinea particolarmente che “mentre la ripresa in alcune economie periferiche è incoraggiante, altri Paesi fronteggiano ancora sfide strutturali e di bilancio, insieme al peso di un alto debito”. Crisi che evidentemente non riguarda gli Stati Uniti, Paese in cui – sostiene l’organizzazione – la ripresa è “solida”, con il territorio a stelle e strisce che si sta rafforzando come quella indiana, giapponese, cinese.
Bocciatura anche da parte di S&P, con l’agenzia di rating che retrocede allo 0% l’andamento del Pil italiano nel 2014 contro precedente + 0,5%. “I deludenti risultati del secondo trimestre hanno gettato dubbi sulla sostenibilità della ripresa nella zona dell’euro” – segnala S&P nel suo approfondimento – “le condizioni economiche dell’area rimangono fragili. Sono tre i fattori alla base di questi segnali di debolezza: la crescita degli scambi mondiali è stata abbastanza modesta finora quest’anno; gli investimenti delle aziende hanno mostrato solo piccoli segnali di ripresa; le sofferenze dell’Italia sono diventate più pronunciate”.